Sulla fiscalizzazione dell’abuso, un utile promemoria

(Cons. Stato, sez. II, 25 ottobre 2023, n. 9243)

Sulla scorta di quanto affermato dalla Adunanza Plenaria n. 17 del 2020, la sentenza ha ribadito la ratio, l’ambito e i presupposti applicativi, nonché le conseguenze economiche dell’istituto codificato all’art. 38 del DPR n. 380/01, fornendo anche utili precisazioni.

Con riguardo alla ratio della fiscalizzazione, ha ricordato che risiede “nella tutela dell’affidamento del titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, come precisato dall’Adunanza Plenaria n. 17/2020”.

Quanto all’ambito applicativo dell’art. 38, la sentenza ha chiarito che, pur nel silenzio della norma, la fiscalizzazione si applica sia all’annullamento in autotutela che a quello avvenuto per via giudiziale: “[l’Adunanza Plenaria n. 17/2020] ha avuto cura di rimarcare che “l’art. 38 non si sofferma sulla natura giurisdizionale o amministrativa dell’annullamento” (par. 7.2).

La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che “Alla base della possibilità, comunque rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione operante, di emendare l’atto dal vizio che lo affligge, si colloca l’esigenza di tutelare l’affidamento del privato che ha realizzato un’opera nella convinzione di averne la prevista legittimazione, essendo peraltro indifferente che il vizio sia stato individuato in via di autotutela, ovvero rilevato all’esito di apposito giudizio” (Cons. Stato, sez. II, n. 8032 del 15 dicembre 2020).”.

Non è invece richiesta la doppia conformità, come il richiamo all’art. 36 del DPR n. 380/01 indurrebbe a credere: “La tesi dell’appellante, che ritiene necessaria la doppia conformità urbanistica prevista per il permesso di costruire in sanatoria anche ai fini dell’irrogazione della sanzione alternativa alla demolizione, amplia oltre i confini letterali l’equiparazione tra le due fattispecie sancita dal comma 2 dell’art. 38 (secondo cui “l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36”) e introduce in via interpretativa una condizione ulteriore – quella della doppia conformità urbanistica – non contemplata dal comma 1 del citato articolo.”.

L’istituto in esame, quindi, si differenzia dall’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR n. 380/01 anche dal punto di vista degli effetti economici, visto che in quel caso la sanzione consiste nel pagamento del contributo di costruzione in misura doppia, mentre l’art. 38 prevede una sanzione pari al valore venale delle opere abusivamente eseguite: “Le differenze ontologiche tra i due istituti sono ravvisabili perfino nella diversità delle relative conseguenze economiche, stante che nel primo caso (l’accertamento di conformità) è previsto il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella predeterminata dalla medesima normativa; nel secondo, invece, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzie del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale, come accaduto nel caso di specie (Cons. Stato, 8031/2020, cit.).

È stato infine osservato che l’art. 38 si applica anche quando non sia possibile ripristinare il bene, e non solo in presenza di vizi procedurali: “Al riguardo occorre, tuttavia, precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, l’art. 38 d.p.r. 380/2001 non trova applicazione nel solo caso di impossibilità di rimozione dei vizi delle procedure amministrative, ma anche nel caso di impossibilità di riduzione in pristino del bene, laddove il titolo edilizio sia stato annullato non per vizi formali o procedurali, bensì sostanziali.

Si tratta, infatti, di due condizioni eterogenee poiché la prima attiene alla sfera dell’amministrazione e presuppone che l’attività di convalida del provvedimento amministrativo (sub specie del permesso di costruire) ex art. 21 nonies comma 2, mediante rimozione del vizio della relativa procedura, non sia oggettivamente possibile; la seconda attiene alla sfera del privato e concerne la concreta possibilità di procedere alla restituzione in pristino dello stato dei luoghi (Ad. Plen. 17/2020 che si è occupata unicamente della prima delle due condizioni, cfr. punto 4.3.1. della motivazione).