Il ruolo del denunciante negli abusi edilizi e l’oggetto della demolizione

(Cons. Stato, sez. II, 2 aprile 2025, n. 2814)

La sentenza affronta molte questioni processuali, prima di entrare nel merito della questione controversa.

Tra queste, di particolare rilievo appare quella in cui viene esaminata la figura del denunciante negli abusi edilizi, al precipuo fine di verificare se questi debba essere considerato come contraddittore necessario e, quindi, destinatario del ricorso di primo grado.

La risposta che viene fornita è negativa, sebbene venga dato atto dell’esistenza di un orientamento che giunge a conclusioni opposte. Il ragionamento si incentra sul rilievo secondo cui “Un indiscriminato ampliamento del novero dei contraddittori necessari dal lato passivo (ferma ovviamente restando la loro, più estesa, facoltà di intervenire volontariamente nel giudizio ad opponendum ove vi abbiano interesse ) rischierebbe di risolversi nel corrispondente restringimento, quantomeno fattuale, della possibilità di agire utilmente in giudizio da parte del destinatario del provvedimento sanzionatorio, e dunque in un’indiretta limitazione del diritto di difesa in giudizio dei propri diritti e interessi, costituzionalmente garantito (cfr. sul punto ancora sez. II, n. 1260/2020, cit. supra, ove peraltro si dà atto dell’esistenza di orientamenti di segno diverso; sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 486; sez. V, 23 agosto 2019, n. 5817; sez. VI, 23 maggio 2017, n. 2416)”.

La conclusione riecheggia quella a cui è pervenuta l’Adunanza Plenaria n. 22 del 2021 sulla c.d. vicinatas, giacchè si afferma che “a radicare la condizione di controinteressato in senso tecnico (ossia di soggetto da evocare necessariamente nell’azione di annullamento), secondo il richiamato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, con le ulteriori precisazioni date, non basta la mera qualifica di denunciante, che comunque deve risultare dall’atto, né soccorre il possesso da parte dello stesso della c.d. vicinitas, essendo altresì necessario che emerga per tabulas la sussistenza di una diretta lesione, attuale o almeno potenziale, della proprietà (o di altro diritto reale di godimento) dall’errato esercizio del potere sanzionatorio cui con la propria denuncia si è dato impulso”.

Nel merito del thema decidendum, la sentenza ha riformato la pronuncia di primo grado per non aver considerato che, sugli immobili vincolati, sia le difformità parziali che quelle essenziali soggiacciono alla medesima disciplina giuridica, almeno sino all’intervento riformatore della legge n. 105/2024, di conversione del decreto “salva casa”: “Deve dunque precisarsi come non costituiscano in nessun caso ipotesi di parziale difformità dal permesso di costruire ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 le opere eseguire su immobili soggetti a vincoli di tutela oppure su aree vincolate (come nel caso di specie). In tali ipotesi, l’art. 27, comma 2, prevede sempre la demolizione, senza acconsentire a forme alternative di sanzione (come quella pecuniaria di cui all’art. 34).

Ne consegue l’irrilevanza, prima ancora che l’erroneità, dell’affermazione del primo giudice che, sulla base della ritenuta – e opinabile – minima consistenza delle divergenze quantitative rispetto allo stato di progetto assentito, ha inteso ravvisare un vizio dell’atto nel suo mancato richiamo all’art. 34 del T.u.ed., anziché all’art. 31.

Infine, con riguardo alle modalità di esecuzione del ripristino, la sentenza ha chiarito come “non possa essere data una risposta univoca, dovendo essere vagliata caso per caso la frazionabilità della demolizione, ovvero la sua realizzabilità in concreto senza attingere la parte legittima, intesa come parte del manufatto che si sarebbe potuto realizzare regolarmente. Ciò appare sicuramente più semplice laddove la difformità totale consegua alla realizzazione di una superfetazione immobiliare, che se sono state alterate radicalmente le connotazioni strutturali e morfologiche dell’unico fabbricato, nel qual caso è evidente che pur in assenza di specificazioni da parte dell’amministrazione la demolizione/ripristino non potrà che essere radicale”.